mercoledì 24 agosto 2011

Tornare a casa

Ho sentito per radio la storia del piccione viaggiatore a cui dei bambini avevano incollato le ali per gioco, e che era dovuto tornare a casa camminando sulle proprie zampe. Aveva percorso così circa 80Km.
Aveva effettuato movimenti estranei agli uccelli. Aveva ignorato la propria natura.
In altre parole, si trattava di un'azione umana compiuta da un uccello.
Allora sorge spontanea la domanda: cos'è essenziale e cos'è circostanziale?
Nell'ambito di questa storia, l'essenziale era andare dove era necessario andare, mentre l'essere uccello, cioè il saper volare, era una circostanza che poteva sussistere ma anche non sussistere.
Piccola figura rotonda nel labirinto di un paesaggio sconosciuto, il piccione si muoveva e talvolta correva con l'intenzione di raggiungere il proprio scopo, e in tutto ciò non c'è nulla di eroico, stava semplicemente tornando a casa.

martedì 16 agosto 2011

Pura presenza

Provo un'incredibile attrazione per tutti i lavori che consistono nella pura presenza.
Lo stare come condizione meditativa. Persone che, come punti fissi, devono trovarsi in un certo luogo, osservare, mantenersi all'erta e restare fermi ai loro posti, senza produrre nulla.
Persone assunte soltanto per esserci.
Come se venissero prodotti individui destinati ad essere testimoni di sé stessi. Perché queste catalessi introspettive?
Una volta mi è capitato di osservare a lungo l'espressione del volto di una persona che, immobile, stava seduta in un'auto ferma. Poi ho visto che vicino all'auto, in piedi, c'era un posteggiatore immerso nella fissità dei suoi pensieri, e poco più in là, come pietrificato, un sorvegliante di un locale, e infine sul bordo del marciapiede, una ragazza che teneva il braccio sollevato nella speranza di fermare una di quelle vetture a cui ogni movimento era precluso. Sembrava di essere in un regno incantato. Nel senso di bloccato, non di incantevole...
E ancora: davanti ad un palazzo, accampata su cartoni, una vecchietta vendeva in silenzio pesci morti.
Neanch'io potevo spostarmi, evidentemente per non turbare la quiete che s'era creata.
Si sarebbe potuto girare un video o scattare una foto, il risultato sarebbe stato lo stesso.
Di tutto questo si può dire soltanto che tutto sta in un qualche luogo, ed è come se in questo stare si rinvenisse la copula "è".
Ogni cosa semplicemente è.

mercoledì 6 luglio 2011

Dialettica dello scetticismo

Lo scettico si rivela ancora una volta dialettico, poiché conosce il compiacimento e la soddisfazione di chi usa il proprio non-sapere per rendersi facile la vita. Sa che può accadere di avvalorare, con uno snobismo non privo di presunzione, la relatività di ogni conoscenza e l'irresponsabilità di ogni azione. Prende così di mira il moderno atteggiamento dell'eroica "resistenza davanti al nulla", ma anche l'esaltazione del fallimento per il fallimento, sempre così di moda. La sartriana passion inutile, capace di favorire sogni tranquilli, è riconosciuta e condannata dagli scettici contemporanei.
Lo scettico e il nichilista che diffidano della razionalità senza cuore, senza però esserne colpiti nella razionalità del cuore, sono antitetici alla scepsi. Non si tratta di sfumature ma di contraddizioni. Spesso si leggono citazioni che lamentano la miseria e l'impotenza dell'uomo, scelte come motto dello scetticismo moderno, ma solamente se si coniuga con la sua grandezza, la miseria dà vita all'inquietudine dell'uomo. La miseria come rifugio lacrimevole e rassicurante non basta da sola.
Che la propria condizione esistenziale ci distragga concependo noi stessi come un fatto tra gli altri, ci induce a dimenticarci del problema. Che però questa indifferenza sonnacchiosa, spacciata per filosofia scettica, si presenti come eroico nichilismo e finga grandezza, è davvero intollerabile.

giovedì 9 giugno 2011

Noi abbiamo inventato la felicità

"Che cos'è amore? e creazione? e anelito?" così domanda l'uomo e strizza l'occhio.
La terra sarà diventata piccola e su di essa saltellerà l'ultimo uomo.
"Noi abbiamo inventato la felicità" dicono gli ultimi uomini e strizzano l'occhio.
Essi hanno lasciato le contrade dove la vita era dura: perché ci vuole calore.
Ammalarsi e essere diffidenti è ai loro occhi una colpa: guardiamo dove si mettono i piedi.
Folle chi ancora inciampa nelle pietre e negli uomini!
Un po' di veleno ogni tanto: ciò rende gradevole i sogni. E molto veleno alla fine, per morire gradevolmente.
Si continua a lavorare, perché il lavoro intrattiene. Ma ci si dà cura che l'intrattenimento non sia troppo impegnativo.
Non si diventa più né ricchi né poveri: ambedue le cose sono troppo fastidiose.
Chi vuol ancora governare? Chi obbedire?
Nessun pastore e un sol gregge: tutti vogliono le stesse cose, tutti sono uguali.
Chi sente diversamente va da sé al manicomio.
"Una volta erano tutti matti" dicono i più raffinati e strizzano l'occhio.
Oggi si è intelligenti e si sa per filo e per segno come sono andate le cose, così la materia di scherno è senza fine.
Sì, si litiga ancora, ma si fa pace presto, per non guastarsi lo stomaco.
Una vogliuzza per il giorno e una per la notte, salva restando la salute.
"Noi abbiamo inventato la felicità" dicono gli ultimi uomini e strizzano l'occhio.

(Nietzsche)

martedì 7 giugno 2011

Scepsi e scetticismo

Il vero seguace della scepsi non è scettico per pigrizia spirituale, ma perché diffida dei concetti troppo sottili e delle definizioni filosofiche e teologiche. E per tale diffidenza ha due motivi di fondo.
In primo luogo dubita che il debole intelletto umano - a meno di non essere arrogante o folle - possa avvicinarsi di più alla verità tramite l'iperesattezza.
Inoltre riconosce nel filosofo e nel teologo solo un peccaminoso desiderio di polemizzare, che rappresenta per lui soltanto una variante folle dell'incapacità di amare e delle vanità dominanti.
"Cosa c'è che vada esente da errore?"
In Erasmo la stultitia (pazzia) si rivela essere l'opposto di ciò che sembra di primo acchito: da follia del mondo diventa la saggezza stessa, quella saggezza che è più alta di ogni ragione umana, e perciò viene considerata pazzia soltanto dalla ragione umana! Anche in Nicola Cusano, e persino in Socrate, si trova la "dotta ignoranza" che sola consente di mettere in discussione il sapere razionale e la sua arroganza.
Il "profano" (in Cusano l'"idiota"), i "fanciulli" (nel Vangelo), il "sapere di non sapere" (in Socrate), sono l'essenza stessa della scepsi.

domenica 5 giugno 2011

Le bugie dei poeti

"E a volte mi capita di trovare nella mia colombaia un uccello sperduto, che non è mio e trema al tocco della mia mano. Ma che ti disse una volta Zarathustra? Che i poeti mentono troppo? Ma anche Zarathustra è un poeta. E credi tu allora che egli abbia detto il vero? E perché lo credi? La fede non mi fa beato, specialmente la fede in me. Ma posto che qualcuno abbia detto sul serio che i poeti mentono troppo: ebbene, ha ragione, noi mentiamo! Noi sappiamo anche troppo poco e non siamo bravi ad imparare, così non possiamo non mentire. E chi di noi poeti non ha mai adulterato il proprio vino?"
(Così parlò Zarathustra - Nietzsche)

lunedì 23 maggio 2011

Errori incancellabili

"Colui che si dispera nella debolezza, ossia l'infelice che si rende dipendente dalla fortuna, non può credere che l'eternità riserbi per lui una consolazione; l'ostinazione non vuole nemmeno sentir parlare della consolazione dell'eternità che, infatti, segnerebbe la sua fine come disperato.
Egli vuole rappresentare proprio un'obiezione contro l'intera esistenza.
In termini figurati: è come se uno scrittore incorresse in un errore di ortografia (forse non si tratta nemmeno di un errore, ma di qualcosa che fa parte essenzialmente, in un senso molto più alto, dell'intera rappresentazione) e questo errore, ora conscio della propria scorrettezza, si arrabbiasse con l'autore e per odio gli vietasse di correggere lo scritto e gli dicesse come giustificazione assurda: "No, non voglio essere cancellato, voglio rimanere lì come testimone contro di te, testimone del fatto che tu sei un cattivo scrittore!".
(S. Kierkegaard)

martedì 17 maggio 2011

La Nuova Atlantide

La nostra epoca è, per molti aspetti, una sorta di Nuova Atlantide. E' qualcosa che imbeve fin nei dettagli la nostra esistenza di oggi: il dominio degli apparati e dei tecnocrati; le scienze dello spirito che diventano un'attività di lusso, un parco naturale protetto; l'ovvia equiparazione della scienza al dominio della natura in vista di uno scopo; la propaganda per promuovere un'autocoscienza planetaria che viene percepita come necessaria ma inattuabile. Poi l'atteggiamento generale di considerare l'universo all'insegna di quello che si potrebbe denominare "comfort cosmico".
Certo, tutto ciò non ha più niente a che fare con le "domande ultime" di Platone, "somme idee" ormai fuori moda. Ci troviamo piuttosto nel baconiano "magazzino della natura". Solo di tanto in tanto ci spaventiamo del fatto che il mondo tecnicizzato venga reso disponibile ad un essere umano che paga con una sorta di dissociazione schizofrenica della personalità questo oblio delle antiche domande sul senso e sul fondamento ultimi.
Come Nietzsche già sapeva: "Le acque delle religioni straripano e lasciano dietro a sé paludi e stagni. Oggi sulla Terra si decide soltanto ascoltando le forze più rozze e malvagie, l'egoismo degli imprenditori e la follia dei dittatori militari".
Le coscienze più sensibili soffrono di tutto ciò, ritengono che, invece del regnum hominis, oggi sia la regressione alla superstizione, ormai generalizzante, a essere divenuto superiore all'uomo, così che lo invade un pudore prometeico, quando riflette sul fatto che le decisioni importanti possano venir delegate ad un computer.
Penso che avremo a che fare ancora a lungo con noi stessi e con la nostra consapevolezza che sapere significa potere. Ma è che non sappiamo che farcene.

giovedì 12 maggio 2011

Penso quindi sono inconsapevole

- Ejaku domandò a Enen: "Come ti chiami?"  ed Enen rispose: "Ejaku", a cui Ejaku replica: "Ejaku sono io!"  ma Enen osserva: "Il mio nome suona Enen", facendo scoppiare Ejaku in una gran risata. -
I due collidono perché in ogni incontro scoppia la dualità ragione-irrazionalità, male-bene, nero-bianco. Per risolvere il dilemma entrambi gli interlocutori devono riconoscere la possibilità d'essere sia tutt'uno che differenti l'uno dall'altro, anteriori alle loro persone e posteriori al loro essere.
La dipendenza da una divinità o da una norma morale, non sono che aspetti della dipendenza dal proprio io, soltanto il concetto del vuoto può proiettare nel regno del 'io come me', 'tu come te', 'io come te', 'tu come me', dove sia io che tu che la legge morale saranno simili a fiori che crescono separatamente ma i cui profumi si fondono in uno: ecco la risata di Ejaku, il suo ecce homo.
Io penso quindi sono inconsapevole.

lunedì 2 maggio 2011

La ruota della sofferenza

L'ignoranza opera come un seminatore. L'azione karmica (i fattori di composizione) motivata dall'ignoranza è simile al seme. E, come la terra in cui viene piantato il seme, la coscienza al momento della causa riceve l'istinto di questo karma accumulato. Come il seme viene nutrito da acqua, concime, calore e umidità, allo stesso modo bramosia e attaccamento attivano il karma mettendolo in grado di produrre un risultato.
Invecchiamento, morte e rinascita, ove siano applicabili, sono un'altra componente degli anelli risultanti di ciò che è stato propulso. Se, ad esempio, accumuliamo karma negativo, nella nostra mente viene depositato il relativo istinto, poi quando moriamo il nostro attaccamento attiva il karma negativo determinando il tipo di rinascita seguente. Invecchiamento e morte derivano dalla rinascita; i fattori di composizione derivano dall'ignoranza; la sofferenza deriva dall'ignoranza.
Il ciclo si ripete e la ruota della vita gira senza interruzione. Questa è la ruota della sofferenza.