La nostra epoca è, per molti aspetti, una sorta di Nuova Atlantide. E' qualcosa che imbeve fin nei dettagli la nostra esistenza di oggi: il dominio degli apparati e dei tecnocrati; le scienze dello spirito che diventano un'attività di lusso, un parco naturale protetto; l'ovvia equiparazione della scienza al dominio della natura in vista di uno scopo; la propaganda per promuovere un'autocoscienza planetaria che viene percepita come necessaria ma inattuabile. Poi l'atteggiamento generale di considerare l'universo all'insegna di quello che si potrebbe denominare "comfort cosmico".
Certo, tutto ciò non ha più niente a che fare con le "domande ultime" di Platone, "somme idee" ormai fuori moda. Ci troviamo piuttosto nel baconiano "magazzino della natura". Solo di tanto in tanto ci spaventiamo del fatto che il mondo tecnicizzato venga reso disponibile ad un essere umano che paga con una sorta di dissociazione schizofrenica della personalità questo oblio delle antiche domande sul senso e sul fondamento ultimi.
Come Nietzsche già sapeva: "Le acque delle religioni straripano e lasciano dietro a sé paludi e stagni. Oggi sulla Terra si decide soltanto ascoltando le forze più rozze e malvagie, l'egoismo degli imprenditori e la follia dei dittatori militari".
Le coscienze più sensibili soffrono di tutto ciò, ritengono che, invece del regnum hominis, oggi sia la regressione alla superstizione, ormai generalizzante, a essere divenuto superiore all'uomo, così che lo invade un pudore prometeico, quando riflette sul fatto che le decisioni importanti possano venir delegate ad un computer.
Penso che avremo a che fare ancora a lungo con noi stessi e con la nostra consapevolezza che sapere significa potere. Ma è che non sappiamo che farcene.
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