Per
nessun altro, amore, avrei spezzato questo beato sogno.
Buon tema
per la ragione, troppo forte per la fantasia.
Fosti saggia a
svegliarmi.
E tuttavia tu non spezzi il mio sogno, lo
prolunghi.
Tu così vera, che pensarti basta,
per fare veri i
sogni e le favole storia.
Entra fra queste braccia.
Se ti
parve meglio per me non sognar tutto il sogno,
Come un lampo o un bagliore di candela,
i tuoi
occhi, non già il rumore, mi destarono.
Pure, giacché tu ami il
vero,
io ti credetti sulle prime un angelo.
Ma quando vidi che
mi vedevi in cuore,
che conoscevi i miei pensieri meglio di un
angelo,
quando sapesti il sogno, quando sapesti
che la troppa
gioia mi avrebbe destato,
e venisti, confesso che profano sarebbe
stato
crederti qualcos’altro da te.
Il
venire, il restare ti rivelò: tu sola.
Ma ora il levarti mi fa
dubitare
che tu non sia più tu.
Debole quell’amore di cui
più forte è la paura,
e non è tutto spirito limpido e valoroso,
se è misto di timore, di pudore, di onore.
Forse, come le
torce
che debbono esser pronte
sono accese e poi rispente, così
tu fai con me.
Venisti per accendermi, vai per tornare.
Ed io
sognerò nuovamente quella speranza,
ma per non morire.
John Donne (Londra, 1572 – Londra, 1631)
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