venerdì 15 gennaio 2021

10 cose su Dante che (forse) non sai

 

Quest'anno (2021) quest'anno si celebrano i 700 anni dalla morte di Durante Allegherii. Meglio noto come Dante!

Libri, articoli, trasmissioni televisive e radiofoniche su di lui si sprecano, ho pensato quindi di celebrarlo narrandovi 10 cose che (forse) non sapete su di lui.


1) Campaldino

Nel giugno 1289, nella Piana di Campaldino (oggi provincia di Arezzo), si svolse la celebre battaglia tra i guelfi fiorentini e i ghibellini aretini. L'esercito fiorentino era formato da fanti e cavalieri; tra i cavalieri, in prima fila, c'era un giovane Dante. Questo fatto ci ricorda che Dante prima d'esser studioso e poeta fu anche cavaliere, il che implica una condizione economica quanto meno benestante. Non a caso, più volte durante l'esilio, da adulto, si lamenterà d'esser “senza cavalli e armi” e cioè d'esser diventato povero.



2) Lo stemma

Sulle bottiglie di Valpolicella dei conti Serego Alighieri ammiriamo uno stemma con ala dorata in campo azzurro.
Uno stemma che usavano già i discendenti di Piero (figlio di Dante) nel Cinquecento. Ma si tratta di stemma, cosiddetto “parlante”, creato da un'interpretazione fantasiosa e arbitraria del cognome Aligeri, cioè portatori d'ali.

In realtà il vero stemma della famiglia di Dante ero uno scudo con oro a sinistra, nero a destra e attraversato in orizzontale da una fascia bianca.



3) Il Fiore

Allora, questo è ancor oggi dibattuto, ma d'altra parte almeno la metà di quello che sappiamo di Dante è dibattuto!
Comunque, ufficialmente Dante scrisse questo poemetto, titolato “Il Fiore”, dove per fiore si intende l'organo sessuale femminile, e narra della difficile conquista del protagonista di un fiore appunto.

Ne abbiamo parlato anche in questo articolo.

L'antefatto è interessante perché dobbiamo sapere che Dante, al pari degli altri letterati del suo tempo, sta cercando di capire se l'amore è cosa buona o cattiva. A noi potrà sembrare strano, abituati come siamo a ritenere l'amore una cosa bella e nobile, ma in realtà è solo un fatto culturale.
Ai tempi di Dante si riteneva che i comportamenti dovessero essere guidati dalla ragione, e temevano che l'amore, così profondamente irrazionale, li facesse invece agire in modo non consono e inopportuno.

E nel poema “Il Fiore” si argomenta contro l'amore, presentandolo come una follia da cui occorre difendersi.



4) Latino

Dante, da bambino, studiò i rudimenti del latino. Il latino d'altra parte era l'unica lingua che si potesse imparare a scuola, certo non si insegnava il fiorentino o il lombardo ...
Ma Dante era convinto che il latino fosse una lingua inventata, così, a tavolino, per permettere alle persone di comunicare oltre confine.
Una sorta di utilissima invenzione per rimediare ai danni creati dalla torre di Babele!



5) Bologna

Della vita di Dante in generale si sa ben poco, ma si è quasi certi che svolse parte dei suoi studi all'università di Bologna.

Dovete sapere che i notai bolognesi avevano l'abitudine di riempire le pagine rimaste vuote dei loro registri, trascrivendo poesie a loro contemporanee.

Abbiamo parlato di questa curiosa abitudine in un altro post.

Ebbene, in uno di questi registri, un notaio trascrisse a memoria i versi di Dante in cui il poeta descrive la Torre Garisenda, che quindi, con molta probabilità, aveva visto di persona.




6) Verona

Dante fu a Verona in più occasioni dopo il suo esilio da Firenze.

A volte rischiamo di non comprendere appieno cosa significasse essere esule, giacché, seppur restando in Italia, una prima grossa difficoltà era la comunicazione.
Dante ha messo le basi della lingua italiana, ma ai suoi tempi nessuno parlava “italiano”.

Basti pensare che agli inizi del Duecento, quando i frati francescani dal centro Italia decisero di mandare una loro delegazione al nord Italia, inviarono un frate che parlava lombardo e tedesco. Perché lombardo e tedesco erano lingue straniere!

Ma tutto era diverso: le abitudini sociali, le leggi, il cibo!

Non a caso si lamentava “come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”.




7) Il marchese Moroello

Sembra che abbiamo rischiato di non avere una Divina Commedia.
Si dice infatti che Dante, giunto al settimo canto, perse il manoscritto e decise di rinunciare al compimento dell'opera.

Narra il Boccaccio che il manoscritto fu poi ritrovato in un convento e venne mostrato al poeta Frescobaldi, il quale certificò che si trattava certamente di opera di Dante.

E avendo investigato e trovato che Dante era a quei tempi in Lunigiana con un nobile chiamato marchese di Moroello, il quale era in singularità suo amico, pensò di non mandarli a Dante, ma al marchese, che glieli mostrasse, e così fece, pregandolo che, in quanto potesse, desse opera che Dante continuasse la impresa, e, se potesse, la finisse”.
E fu così che il marchese di Moroello convinse Dante a portare a termine la Commedia.

E' quasi certamente una leggenda, ma è una bella leggenda :)



8) Fiorenza

Agli inizi del Trecento, in esilio da diversi anni ormai, Dante scrive la canzone Amor da che convien pur ch'io mi doglia, con la speranza che la canzone arrivi “a Fiorenza, la mia terra / che fuor di sé mi serra / vuota d'amore / e nuda di pietate “.
Spera insomma che i suoi vecchi concittadini, così sordi ai suoi appelli e senza alcuna pietà, capiscano infine che lui non è più un nemico.

Dante scrive “Fiorenza” perché è così che la chiamano in tutta Italia, ma i fiorentini non la chiamano più così, nel loro volgare in continua evoluzione, la chiamano invece “Firenze”.
Senza rendersene conto, Dante era diventato davvero uno straniero per la sua città natia. 

 

9) Parigi

Nel suo lungo peregrinare, sembra che sia stato anche a Parigi, dove ha dato dimostrazione della sua incredibile memoria, se è vero quello che racconta Boccaccio quando dice: “essendo egli a Parigi, e quivi sostenendo in una disputazione, come nelle scuole della teologia si facea, quattordici questioni da diversi valenti uomini e di diverse materie, con i loro argomenti pro e contra, fatti dagli opponenti, raccolse e ordinatamente come poste erano state, recitò; quelle poi, seguendo quello medesimo ordine, sottilmente solvendo e rispondendo agli argomenti. La qual cosa quasi miracolo da tutti i circustanti fu reputata”.
Insomma fu come un giocatore di scacchi che vinse quattordici partite in simultanea.

In realtà non tutti credono a questo viaggio a Parigi, sembra invece che si sia fermato ad Avignone.

I parigini invece ci credono dato che la via dove pare soggiornò l'hanno ribattezzata “Rue Dante”.



10) Venezia

Nell'estate del 1321, mentre era al servizio dei Da Polenta, Dante venne inviato a Venezia per un'ambasceria.
La sua ultima missione, ma lui non lo sapeva.

Per l'occasione il doge Giovanni Soranzo organizzò un pranzo a cui fu invitato assieme ad altri ospiti illustri.
Ma giunti alla portata del pesce a Dante vennero serviti pesci piccoli, mentre ai suoi vicini di tavola pesci più grandi.
Invece di mangiarli Dante ne prese uno e se lo portò all’orecchio. Il Doge incuriosito gli chiese cosa significasse e il toscano rispose che essendo suo padre morto in quei mari chiedeva al pesce notizie di lui.
Al che il Doge chiese cosa gli avesse risposto il pesce.
E Dante rispose: “dice che lui e i suoi compagni qua nel mio piatto sono troppo giovani e piccoli per saperne qualcosa, ma che in cucina ce ne sono di grandi e adulti che certo mi sapranno dar notizia!”

Durante il suo soggiorno gli fu anche concesso di visitare l’Arsenale, di cui ha lasciato una spettacolare descrizione nel Canto XXI dell'Inferno.



11) Dante dimenticato

(Lo so, avevo detto dieci cose, ma voi mica potete credere a tutto quello che vi si dice, suvvia!)

Fin da subito la Divina Commedia ebbe un notevole successo sul suolo italico (però non si chiamava così, ma semplicemente Commedia, anzi Comedìa in fiorentino duecentesco, fu poi il Boccaccio che le attribuì l'aggettivo “Divina”).
Nel corso del Quattrocento cominciò a diffondersi anche in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, conoscendo una popolarità che durerà fino a metà del Cinquecento, quando Pietro Bembo escluse Dante dai modelli d'imitazione letteraria.
In seguito, con la Controriforma, Dante conobbe addirittura la censura ecclesiastica, fino ad esser quasi dimenticato.
Dante ritrovò poi il favore dei critici e del pubblico nell'Ottocento, durante la stagione romantica.
Attenzione: non in Italia, ma in Germania e in Inghilterra.

Poi, promosso appunto dalla critica straniera, venne riscoperto anche in Italia.

Sarà Francesco De Sanctis a consacrare Dante quale modello d'altissima poesia e simbolo risorgimentale.

 


 

Fonti: “Dante” di A. Barbero - “Vita di Dante” di L. Bruni – “Cronica” di D. Compagni - Varie da F. Villani.