Quanto al campionato del
dolore
non mi faccio illusioni
sulle mie chances.
Piango irrilevanti
sepolcri,
frugo tra ceneri d'estasi
elementari,
ho inchinato la nuca alle
più rozze clave del fato.
Deludente nel vizio,
nell'infamia ho limiti
gravi;
discontinue sono le mie
colpe,
dilettantesche le
ambizioni.
M'hanno negletto repentine
domestiche a ore,
tradito funesti
carpentieri,
calpestato neri tacchi di
vigili motociclisti.
Sfocati arranchi
d'angoscia,
flaccide frustrazioni,
morbosità di scarsa
tenuta;
e alla cruciale curva
degli anni
non più che una distratta
impennata.
Questi, amico mio, i miei
mezzi.
Non ho, né lo nascondo,
l'occulta lama che tarpa
ogni aurora,
l'incessante chiostra che
tritura le notti.
Non ho – dice il mio
trainer – la classe.
Sul più alto pennone non
salirà la mia esigua bandiera,
non a me la dama grigia
consegnerà la coppa.
(C. Fruttero)
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