"Non mi piace quando qualcuno mi chiede scusa. Non per il gesto in sé, che è molto apprezzabile, ma per la parola e per il significato psicologico sotteso. Ritengo che chiedere scusa sia una sorta di ricatto emotivo. A ben pensarci “scusami” vuol dire “perdonami”, non contempla quindi la propria responsabilità per quello che è successo e tende invece a scatenare sensi di colpa nell'altra persona.
È un modo semplicistico di lavarsene le mani e far ricadere la responsabilità sull’altro. Ti ho chiesto scusa, se non mi perdoni sei crudele.
In altre parole, chi chiede scusa si appella al condizionamento psicologico e blocca qualsiasi reazione emotiva, invocando il perdono. Se non ti scuso, rischio di sentirmi colpevole o al meglio di covare emozioni negative che non posso esprimere.
Così la comunicazione vera e propria, quella che permette di crescere e di capirsi, si blocca. Posso scusarti o no, ma sarebbe finita lì. E se anche rispondessi “scusa un cazzo”, sarei comunque sulla difensiva, tenderei a giustificarmi o passerei dalla parte dell’aggressore. L’altro si sentirebbe vittima, arrivando ad affermare “ma ti ho chiesto scusa!”, come se fosse un atto dovuto perdonare sempre.
Credo che sia più appropriato “mi dispiace”. Questa locuzione infatti non richiede necessariamente un perdono e non blocca la comunicazione. Esprime semplicemente un modo di sentirsi, in questo caso il dispiacere per un comportamento, una parola o un gesto, e l’altra persona è libera di provare i suoi sentimenti, compresa la rabbia."
Ho letto questo testo su Tumblr e l'ho trovato di estremo interesse. Perché anch'io ritengo che le parole abbiano in sé un valore che va ben oltre il suo mero significato letterale, Perché, come diceva Nanni Moretti, le parole, la scelta della parole è importante. Il significante è determinante quanto il significato, se non di più.
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