Per anni, quasi per tutta la vita, Valéry accarezzò l'idea di disegnare personalmente un'ampia "teoria della memoria" allo scopo di sondare le leggi di questa misteriosa facoltà. Ma quest'opera non la scrisse mai, anche se è chiaramente riconoscibile o almeno deducibile nelle sue linee generali, negli appunti dei suoi Quaderni.
Le quattro massime che seguono (tratte appunto dai Quaderni) delimitano all'incirca il terreno che Valéry misura con le sue riflessioni su ricordo e oblio:
- "Non sappiamo nulla della memoria, nulla di nulla"
- "La memoria sarebbe un'ineleganza nel mio sistema"
- "La memoria non ci servirebbe a niente se fosse rigorosamente fedele"
- "Senza oblio si è solo pappagalli"
Orientiamoci ora verso un'immagine figurata che l'autore cita spesso, in diversi passi delle sua opera e che evidentemente era importante per lui. Si tratta dell'immagine del pappagallo. Nella storia della cultura europea il pappagallo era, già dagli albori dell'età moderna, il successore dell'asino, quindi l'animale stupido per antonomasia; tuttavia il pappagallo aveva la caratteristica non solo di godere, come l'asino, di ottima memoria, ma anche - come se non bastasse - di essere in grado, col suo aiuto, di blaterare le sue stupidaggini.
Incontriamo questo uccello parlante in diversi punti delle opere di Valéry, per esempio nel dialogo in prosa L'idée fixe (1932). L' "idea fissa" di uno dei partecipanti al dialogo consiste nel dichiarare guerra ai concetti imprecisi perché rovinano il pensiero. Questa debolezza del nostro linguaggio concettuale può essere guarita solo, secondo Valéry, ponendosi, ogni volta che un pensiero minaccia di naufragare a causa della sua imprecisione, la precisa domanda: "Che cosa significa esattamente questo termine?". Di fronte a questa domanda, concetti tronfi e presuntuosi come "spirito", "personalità", "speranza" o "universo" faranno sicuramente una figuraccia. Questo tipo di parole vengono chiamate da Valéry "parole da pappagallo".
Per farla finita con queste parole indegne, Valéry ha affilato le armi per infilzare tutti i pappagalli che popolano il "cielo dello spirito", in primo luogo il super-pappagallo "universo", il pappagallo dei pappagalli, ma subito dopo anche la parola "natura", altrettanto deleteria, da interpretarsi come femmina del pappagallo e da eliminare anch'essa immediatamente.
Perché? Perché queste parole sono tali per cui uno che le ha imparate una volta continua a ripeterle sempre: "Nous les avons appris, nous les répétons" ("Le abbiamo imparate, le ripetiamo").
Valéry aborre le ripetizioni di ogni genere e non è mai stanco di giudicare insulsa l'attività del ripetere. Tra le sue varie asserzioni di questo tenore si può citare questa annotazione: "Lo spirito aborre la ripetizione; nella misura in cui ci si ripete, non c'è spirito". Per scampare questo pericolo Valéry segue in maniera quasi maniacale la regola radicale di "cominciare dall'inizio" in tutte le attività intellettuali.
Anche la memoria deve essere ripensata dall'inizio. E tale inizio si trova nel presente.
Il processo si realizza nel momento in cui il presente inizia a riallacciarsi al passato nella misura in cui interviene all'interno di esso, imponendogli in questo modo un nuovo ordine, conforme e gradito agli scopi del presente. Dal momento però che l'azione presente è in linea di principio aperta al futuro, si può anche dire che nella memoria vivente il futuro plasma il passato: l'avenir du passé ("il futuro del passato"). In questo contesto Valéry non si lascia sfuggire il gioco di parole: le souvenir de l'avenir.
Garante di questa ricerca è per Valéry un'altra figura letteraria: Robinson Crusoe. Gli appunti di Valéry su Robinson abbracciano circa dieci pagine di prosa sotto il titolo di "Storie sbriciolate". Sulla sua isola solitaria Robinson ha ottenuto i primi risultati nella costruzione della cultura materiale e può concedersi per la prima volta un po' di riposo. Comincia ora per lui la seconda fase della costruzione, la ricostruzione della propria cultura intellettuale. Deve "ridiventare uomo". In questa operazione l'oblio ricopre nuovamente un ruolo chiave.
La questione è ora: a che cosa questo nonostante tutto felice Robinson, nel suo inizio intellettuale dal nulla, permetterà di entrare nel vuoto della sua memoria, dopo che a lui, novello Adamo, si è parata innanzi l'insperata chance di liberarsi da tanti inutili contenuti mnemonici?
Lo rivediamo quindi seduto nella sua isola, immerso nei pensieri, circondato da pappagalli il cui cicaleccio consiste solo in innumerevoli e distraenti ripetizioni.
giovedì 8 dicembre 2011
Il pappagallo di Paul Valéry
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Sulla mia spalla non manca mai un pappagallo, tiene lontano il silenzio.
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