Il nostro linguaggio di tutti i giorni conosce troppo poche sfumature di significato per rendere onore a Epicuro e alla sua dottrina. E nemmeno il linguaggio erudito colma appieno questa lacuna, perché pochi settori della psicologia sono stati bistrattati e trascurati quanto la teoria degli affetti e dei sentimenti. L'antico filosofo rappresenta una splendida eccezione. Per Epicuro, per esempio, sarebbe ovvio distinguere fra "piacere" e "voluttà", fra "piacere" e "desiderio". Il linguaggio quotidiano, invece, che pensa e scrive per noi, le considera distinzioni cavillose - con grande svantaggio per tutti, oltre che per l'interpretazione di Epicuro. Osiamo quindi richiamare l'attenzione su tali "cavillosità": si capirà presto quanto sia profonda una massima di Epicuro che altrimenti potrebbe essere liquidata con una scrollata di spalle: "Solo la virtù è inseparabile dal piacere, tutto il resto invece è separabile come, per esempio, i cibi".
Premessa fondamentale per la comprensione di questa frase è la differenza fra "piacere" e "godimento", e fra "piacere" e "desiderio". Riassumendo si potrebbe dire: il piacere è una condizione tranquilla, una stasi, non un "movimento" come il desiderio, e nemmeno una presa di distanza come il godimento. Se godo di qualcosa, in parte sono presso me stesso, in parte presso l'oggetto, mentre nella condizione del piacere semplicemente sono, senza prendere alcuna distanza.
Lo specchio nella camera da letto potrebbe essere il simbolo adatto per il gaudente per metà coinvolto nel piacere e per metà distaccato: si gode, per così dire, attraverso un impegno parziale, una specie di piacere strabico, non ci si dona totalmente, né si è totalmente presi. Nel piacere puro mi schiudo: "fermati, sei così bello" dico all'attimo. Come scrive Nietzsche, ogni piacere esige l'eternità, mentre il dolore dice: passa!
Non ci si lascia andare completamente al "godimento", bensì si trae piacere da un oggetto di godimento separato da se stessi. Si prende posizione tenendosi a distanza.
Il linguaggio della fenomenologia ci consente di chiarire una caratteristica del piacere: non bisognerebbe dire "provo" piacere, bensì "sono" piacere, poiché la mia coscienza ne è totalmente coinvolta, mentre se dico che lo provo presuppongo una distanza fra il soggetto e l'oggetto del godimento. Per dirla in termini epicurei: chi gode ha già "separato" il quid del piacere.
Consideriamo per esempio il piacere erotico, così grossolano eppure in sè così tenero ("infantile" direbbe Freud). Il godimento erotico distanzia il partner, lo trasforma in un oggetto sessuale. Il piacere invece non distanzia, evitando di reificare l'oggetto nell'unico modo consentito al linguaggio; lo "assapora" inventando diminutivi e vezzeggiativi: la "cosa" e il "coso" vengono teneramente infantilizzati. Le donne la sanno lunga in materia, senza necessariamente conoscere Epicuro...
Seneca, uno tra i pochi stoici che presero le difese di Epicuro, scrisse per l'appunto: "Epicuro era un eroe, ma in abiti femminili".
Ma torniamo al piacere: se già il godimento intacca in qualche misura il piacere, il desiderio lo danneggia definitivamente, il desiderio rappresenta un movimento verso l'oggetto del piacere, che di per sé non è affatto piacere! Incita, ma non sa soffermarsi, provoca lo stress del raggiungimento.
Il piacere può quindi essere considerato "passivo" rispetto al desiderio che invece è "attivo".
Nel rapporto sessuale, che Sartre, con rozzezza solo apparente, considerava essenzialmente un rapporto sado-maso, c'è una certa parvenza di attività, in realtà c'è tanto poca azione quanto nel piacere di un bevitore nella sua bottiglia piena.
Se la differenza tra piacere, godimento e desiderio è chiara, allora non c'è più alcuna difficoltà a capire perché per Epicuro il piacere e la felicità siano identificati con la tranquillità.
giovedì 16 dicembre 2010
Provo piacere o sono piacere?
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Avere o essere? Forse ci potrebbe soccorrere E. Fromm
RispondiEliminaPerbacco, è proprio quello che sento nei confronti del mio lavoro; il turismo.
RispondiEliminaUn grande "complimenti" ... e ciao.
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