martedì 4 maggio 2010

Giocando con le fiabe

E’ un pomeriggio di sole e mi allontano lungo un sentiero che non conosco. Improvvisamente, balzando da chissà quale nascosto anfratto, un gatto mi si para davanti e mi guarda coi suoi grandi occhi gialli. Mi chino verso di lui lentamente per non spaventarlo, ma sono io ad essere sorpreso, perché il gatto comincia a parlarmi:
“Dove stai andando?” mi chiede,
“In nessun posto” rispondo cercando di controllarmi,
“Non si può andare in nessun posto: se vai, da qualche parte arriverai!”
Non so se sono più colpito da quello che mi sta dicendo, o dal fatto che sto parlando ad un gatto…
“Hai ragione” gli rispondo, “ è che mi piace pensare che non ci sia necessariamente una meta al mio cammino, a volte mi sembra che se vado verso un posto preciso, ne divento schiavo, è come se stessi perdendo qualcosa…”
“Ah sì, capisco benissimo” mi fa lui mentre si lecca una zampa “ è un problema che noi gatti abbiamo risolto già molto tempo fa: vedi, all’inizio del mondo, prima che arrivaste voi, la nostra maggiore preoccupazione era di avere sempre qualcosa da fare per mantenere il nostro corpo agile e le nostre unghie affilate, ma tutto quel cercare ci metteva di malumore perché era difficile trovare ogni volta qualcosa di nuovo; così un giorno ci riunimmo per cercare una soluzione: tutti avevano un’idea diversa, ma nessuna sembrava soddisfacente, finché un vecchio gatto bianco impose il silenzio e disse: 'Il vero problema sta nel pensiero dello scopo da raggiungere, io propongo quindi che il nostro allenamento fisico sia ottenuto attraverso il gioco, perché il gioco è fine a se stesso, non ci impone una meta pressante, e allo stesso tempo ci permette di mantenere la forma fisica', così parlò e tutti furono d’accordo. Ma io ti ho trattenuto abbastanza, è meglio che tu riprenda la tua strada verso nessun posto, chissà, forse ci riuscirai” ,
e così dicendo balzò in mezzo all’erba, inseguendo una farfalla.

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