sabato 6 dicembre 2014

Don Chisciotte e il ronzino letterario














Quando si parla di un ronzino, molti pensano subito a Ronzinante, il cavallo di Don Chisciotte, il personaggio creato dalla fantasia di Miguel de Cervantes Saavedra (1547-1616), autore del capolavoro, in lingua spagnola, della letteratura mondiale El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha.
E' la storia di un nobiluomo di campagna, Alonso Quijana, che a forza di parlare e di discutere di cavalleria e della gran virtù dei cavalieri antichi, riassetta le vecchie armi degli avi e parte in cerca di avventure tentando di ripercorrere  le "regis Arturis pulcherrimae ambages". Tra l'altro, ribattezza il suo magro e decrepito cavallo Rucinante, cioè Ronzinante.
Cervantes ha voluto fissare nel nome del destriero di don Chisciotte le qualità del povero animale trascinato in avventure bislacche. In spagnolo rocin significa cavallo di razza inferiore o di scarto, adatto soprattutto a portare bagagli (un ronzino, appunto). In francese antico era roucin, in provenzale rossin o roci, in portoghese rossim, tutti con il significato di cavallo di poco pregio. Quindi Ronzinante deriva da rocin.
Nella bassa latinità esisteva una forma runcinus, e in italiano è presente anche la definizione rozza per cavallo da poco conto, mentre nel tedesco antico vi sono le forme hros e ros.
Cervantes doveva sapere che il nome ronzino aveva profonde radici nella letteratura medievale trovadorica, quindi ben si adattava alle imprese di don Chisciotte. La parola roncì, compare infatti in un periodo anteriore al 1194 nel Contrasto con la donna genovese del poeta provenzale Rambaut de Vaqueiras. I versi di chiusura con cui la donna congeda in malo modo il trovatore che l'ha corteggiata invano, dicono infatti: "Juiar, ne serò con tego - Possa a te cal de mi - Meill varà, per San Martì - S'andai a ser Opetì - Que dar v'à fors'un roncì - Car sei juiar". "Non sarò tua" dice la popolana genovese "ed è meglio che tu vada da Obizzo Malaspina, che per San Martino forse ti regalerà un ronzino, perché sei un giullare".
Era tradizione per San Martino far doni ai poveri, e la donna non ha riguardi nel tacciare il poeta di giullare (invece che trovatore) e di mandarlo da un marchese benefattore per farsi dare una cavalcatura degna del suo rango, un ronzino, perché possa girare di corte in corte, di piazza in piazza, a cantare i sirventesi altrui.
E che Rambaut disponesse di un ronzino lo si apprende da un altro contrasto, questa volta con il marchese Alberto Malaspina. Il trovatore è già diventato cavaliere al servizio di Bonifacio di Monferrato, e nella lite in versi il marchese gli dice: "Que puis montez de roussin en destrier - non fesetz colp d'espaza ni de lansa" ("Da quando siete passato dal ronzino al destriero, non avete più combattuto"), versi che mostrano la differenza tra i due cavalli, che erano indice del grado della scala sociale nel feudalesimo.
Don Chisciotte quindi si crede un cavaliere errante, ma ha mantenuto come cavalcatura un ronzino, un cavalo di poco pregio che sottolinea l'abbaglio che il suo padrone ha preso nel voler rivivere un'epoca ormai tramontata.






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