venerdì 20 aprile 2012

Evanescenza

Una mattina qualsiasi, in autobus, sul Ponte della Libertà. Un cielo di un tenue colore incerto. A Marghera qualche ciminiera espira un sottile filo di fumo che disarmonicamente si dilata verso l'alto. Sulla laguna un vasta cortina vaporosa rifrange la luce sull'acqua.
Dopo il Ponte, sui muri di un cantiere, murales con fiori e qualche frammento di speranza: "I sogni attraversano gli oceani", dipinto a grandi lettere. Oltre il muro si intravedono le dita di una scultura in cemento di un artista di cui si è dimenticato anche il nome, che per anni è rimasta in mostra di sé sulla Riva Ca' di Dio, vicino alla fermata "Arsenale", e che poi non si sapeva dove buttare.
Le dita che si intravedono in velocità, tenute miserevolmente in piedi da una struttura di tubi, non si sa bene cosa vogliano significare. Preghiera? Curiosità? Semplice volontà di esistere? Indicano o chiedono? Cercano un confronto con chi le guarda o vogliono sottolineare l'inutilità del tutto?
Le altre persone nell'autobus guardano nel vuoto, sembra quasi che il paesaggio, banale, scontato nella ripetitività per molti di loro, non voglia più significare qualcosa. E forse è proprio questo il pensiero che mi sta accompagnando. Con l'assenza di curiosità, con l'assenza del proprio percepirsi nelle cose, si cessa di esistere, si elimina il senso e l'utilità della storia e quando questo stato diventa la normalità, si cessa anche di essere inesistenti, superando qualsiasi concezione del nulla, diventando più nulla del nulla in un ambiente che non esiste più, anzi, che non è mai esistito perché non lo si ricorda.
"L'angoscia che si diffonde non scomparirà domani o dopodomani. Forse siamo entrati in una nuova tappa dell'evoluzione umana. Non c'è più presente. Il presente è scomposto, sfilacciato, abbandonato alle immagini più evanescenti. Siamo in un mondo designificato". Frammento di un'intervista a Jean-Paul Aron, psicologo scomparso nel 1988, che implacabilmente continua: "è probabile che la gente viva già comodamente nel non-senso, a proprio agio. Perché cercare un senso, allora, là dove nessuno ne vuole più trovare?"
Niente da eccepire, e poi è neanche tanto colpa nostra se siamo fatti così, in continua balia di qualcosa che in qualsiasi momento può giungere oppure no. Un po' incuranti, un po' incoscienti, un po' disfatti.







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