venerdì 5 febbraio 2010

Eco, Peirce e l'Ornitorinco


Ne « Il nome della rosa » Eco fa dire a Gugliemo da Baskerville : « Il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, perché l’unica verità è imparare a liberarci della passione insana della verità ».
« … si potrebbe insinuare il sospetto che dietro la Voce che parla ci sia una Cultura precedente che ha fissato le stesse regole dell’interpretazione e ci ha insegnato, per convenzione, a riconoscere come Voce quello che era caso, dato di natura o meccanismo inconscio delle nostra mente già educata »
« … anzichè ipostatizzare come leggi logiche delle leggi estrapolate dalle leggi linguistiche ci si domanda se non siano proprio le leggi di una data lingua storica a imporre un certo modo di pensare »
« Sennonché, come agisce l’uomo sul mondo ? Per mezzo di nuovi segni. E come può l’abito finale essere descritto se non per mezzo di segni definizionali ? L’uomo è il suo linguaggio, perché la cultura si costituisce come sistema di segni. Anche quando crede di parlare, l’uomo è parlato dalle regole dei segni che usa »
Ciò che ci sembra particolarmente degno di riflessione è che il modello di accrescimento del sapere proposto da Peirce e ripreso da Eco, può arrivare a porre sullo stesso piano e legittimare forme di esperienza come quelle artificiali, artistiche e virtuali. Ad esempio la visione di un film o di un quadro o di una performance d’arte moderna, possono modificare la nostra visione del mondo, la nostra interpretazione e, col tempo, le nostre abitudini interpretative.
Anche le azioni mentali più elementari, come le sensazioni e le percezioni, lungi dall’essere delle immediate ‘impressioni dei sensi’, sono in effetti rappresentazioni selettive delle impressioni sconnesse esercitate dagli stimoli sui centri nervosi.
« Lo stesso Aristotele era nondimento cosciente del fatto che si possono dare definizioni dello stesso fenomeno facendo riferimento a cause diverse, a seconda del tipo di domanda che si pone… »
Il modo in cui interroghiamo il mondo determina le risposte possibili che riceviamo.
La verità è in ogni caso un concetto culturale, un’espressione che ha un senso all’interno di un contesto linguistico-culturale dato, tanto più esteso o ristretto a seconda del livello di complessità e precisione con cui si vuole rappresentare un determinato oggetto.
Del fissarsi della credenza è l’interessante saggio con cui Peirce illustra i diversi modi con cui si passa dal dubbio alla credenza. Il metodo della tenacia consiste nell’aggrapparsi ostinatamente alle opinioni precedentemente accettate, evitando il contatto con quanto potrebbe disturbare tali credenze.
Il metodo dell’autorità fa sì che di fronte alla constatazione della diversità delle opinioni altrui e al vago sospetto che forse le opinioni degli altri possano valere quanto le proprie (…), l’individuo sceglie di ancorare le proprie credenze a quelle di un’autorità superiore (un capo, una istituzione, una dottrina, un testo sacro…) : ‘ci credo perché l’ha detto lui’, riconoscendo a quegli interpreti una compentenza superiore.
Per Peirce ‘reale’ è un concetto che abbiamo avuto per la prima volta quando ci siamo imbattuti in un nostro errore e ci siamo autocorretti. L’esigenza di autocorrezione emerge quando ci si rende conto dell’inadeguatezza delle proprie credenze rispetto agli stimoli del mondo esterno.
Ogni nostra conoscenza circa il mondo è sempre provvisoria e riformulabile.
Ma la questione è : esiste un mondo reale che non sia quello delle nostre credenze ? O meglio : esiste un sapere non basato sul meccanismo della credenza ? Peirce crede di no, e basa su questo la teoria del conoscere. Il mondo è il mondo delle nostre credenze. Peirce lo ribadisce spesso e con grande chiarezza : « … l’irritazione del dubbio causa una lotta per ottenere uno stato di credenza. Il solo obiettivo della ricerca, quindi, è lo stabilirsi di una opinione. Possiamo immaginare che questo non ci basti, e che noi ricerchiamo non meramente un’opinione, ma un’ opinione ‘vera’… Appena si raggiunge una credenza stabile, infatti, noi siamo soddisfatti, che la credenza sia vera o falsa. Ed è chiaro che nulla che si trovi fuori dalla sfera della nostra conoscenza può costituire il nostro obiettivo, perché nulla che non incida sulla mente può essere il motivo per uno sforzo mentale. Quello che tutt’al più si può sostenere è che noi andiamo alla ricerca di una credenza che penseremo vera. Ma noi pensiamo che ciascuna delle nostre credenze sia vera, e dire questo è, in verità, una mera tautologia »

1 commento:

  1. Anche quando crede di parlare, l’uomo è parlato dalle regole dei segni che usa http://tr.im/MW92 #ornitorinco
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